Il Romanista

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Un palco per 4 attori

Il Romanista

Non è una chimera, non a Roma almeno , poter conciliare ottimo teatro e prezzi modici. Ci è capitato di assistere, al teatro Comete Off (Via Luca della Robbia 47) a “La fine della Fiera”, scritto da Daniele Prato e Francesca Staash, con la regia di Riccardo Scarafoni; compongono il cast lo stesso Scarafoni, Veruska Rossi, Fabrizio Sabatucci e Francesco Venditti. Quattro personaggi dunque, quattro monologhi che si incrociano con una dosatura dei tempi così sapiente da non causare mai una caduta di ritmo, nel crescendo delle vicende che i quattro raccontano e che non sono altro che le loro, diversissime l’una dalle altre, estremamente variegate nel vissuto che riversano sul pubblico e nelle emozioni che suscitano, ma tutte conducenti ad un identico epilogo, ad un medesimo approdo, che a nostro giudizio non è, paradossalmente, l’elemento più importante: quello che conta è il “viaggio” all’interno delle storie stesse, il crescendo dei quattro racconti (o confessioni? O sfoghi? Scarichi di coscineza?) che i personaggi condividono con lo spettatore.
In uno spazio scenico concepito in maniera quasi metafisica, con una simmetria che può ricordare certi sfondi di De Chirico, sotto il riflettore del nostro interesse si alternano le confidenze di uno scrittore che ormai da anni ha smesso di scrivere e che si cimenta in ogni tipo di occupazione, purché lontana dalla scrittura; di un individuo che sperimenta ogni aspetto dell’amore, tutto ciò che il sentimento consente e giustifica; di un “cattivo” nella versione più moderna e rampante, perfettamente integrato nella giungla del business; di un’archivista di video che lavora nel suo laboratorio casalingo e che attraverso le storie che le capitano alimenta il suo disturbo di personalità multipla. Non hanno nome, i personaggi: è uno dei viatici verso la condivisione con il pubblico, con un modo di far risaltare ciò che di ogni vicenda potrebbe essere capitato anche a noi, qualsiasi stato d’animo che possiamo aver condiviso.
Scritto con mano veramente felice e assemblato in maniera tale da non far risaltare nessuna delle storie sulle altre, ma di “ruotarle”, anche in senso scenico, in modo tale da consentire allo spettatore di non perdere il filo di nessuna vicenda, “La fine della Fiera” è il nostro consiglio per il fine settimana, anche perché lo spettacolo resta in scena fino al 27 marzo, dunque avete un week-end di tempo per non sciupare ciò che i personaggi hanno. Ah già, non vi abbiamo accennato il finale: ci sarà un perché, ma lo scoprirete in teatro.

(Paolo Marcacci)